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Interventi
23-03-2007Cerimonia celebrativa del 50° Anniversario dei Trattati di Roma
Signore e signori! Presidenti di Assemblea, parlamentari, rappresentanti delle Istituzioni nazionali ed europee e degli organismi internazionali, autorità! Mi unisco al Presidente Marini nel rivolgere a voi tutti il mio più caloroso saluto ed il mio benvenuto alla cerimonia odierna. Avremo l’onore di ascoltare a breve anche le testimonianze di alcune autorevoli personalità delle politica e delle Istituzioni che hanno attraversato da protagonisti il cammino della costruzione europea. Ne hanno vissuto gli entusiasmi così come gli ostacoli; hanno visto quel processo avanzare, ma anche interrompersi bruscamente; hanno affrontato scelte difficili, situazioni che a volte hanno persino messo in discussione il senso stesso dell’idea di Europa, di quel che ne ha reso peculiare la lunga costruzione nella storia dei popoli e delle nostre culture. Noi oggi viviamo in un tempo che interroga profondamente la nostra coscienza di fronte alle tante fratture che lo percorrono ed alle dolorose disuguaglianze sociali che lo segnano, con antiche povertà e nuove precarietà. Ma proprio in questo nostro tempo – tempo di cambiamenti, di modernizzazione, di globalizzazione dell’economia e dei mercati – dobbiamo saper trarre dai padri dell’Europa soprattutto un insegnamento: la capacità di vera innovazione e di trasformazione della realtà che può realizzare, nella concretezza della storia, un’idea fondata sulla pace e per la realizzazione della pace. Questa è stata e questa deve essere per il futuro l’intuizione europea ed è dovere primario della politica e delle Istituzioni tornare alla sua base morale e civile, troppo offuscata da propensioni semplicemente adattative e tecnocratiche. Innestare, all’interno di un continente che era stato teatro di guerre e di divisioni plurisecolari, uno spirito nuovo, capace di governare le differenze senza tuttavia negarle, valorizzandone anzi la ricchezza e la pluralità; accettare il rischio, ma anche le straordinarie opportunità, di un progetto in grado di sorreggere uno sviluppo comune, più equilibrato e più solido perchè costantemente ispirato al metodo di azione e di decisione proprio della politica, in tutte le sue durezze e le sue difficoltà, ma anche nella capacità di rinnovamento economico, sociale e culturale che essa politica può esplicare. E’ questo lo spirito della fondazione dell’Europa che oggi celebriamo e che dobbiamo recuperare per intero per rilanciare un progetto ambizioso, un progetto che tuttavia resta ancora oggi incompiuto. E’ lo spirito che deve guidarci oltre i confini di un’Europa delle élite per confrontarci con chi si sente escluso; che ci spinge a recuperare la disposizione ad analizzare ed investigare la realtà, a non arretrare di fronte alle istanze di inclusione, di accoglienza e di partecipazione democratica che salgono da una parte rilevante della società. Si tratta di costruire un futuro in cui le nuove generazioni possano credere e su cui possano investire. Una rinascita dell’Europa - o forse addirittura della civiltà europea - passa oggi attraverso il recupero del carattere plurale ed aperto delle sue radici, della sua storia, delle sue visioni di futuro. Non esiste altra via, da questa parte del mondo, per opporsi alla guerra, al terrorismo e ai grandi mali del nostro tempo; non esiste altra via per rispondere al bisogno di giustizia sociale, di solidarietà e di pace che con tanta intensità tutti noi oggi avvertiamo. C’è un grande bisogno di Europa.