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Interventi

23-01-2008
Cerimonia per il sessantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica italiana

Dichiaro aperta la cerimonia per il sessantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica italiana. Rivolgo il mio vivo ringraziamento al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che onora con la sua presenza la cerimonia odierna e che indirizzerà a questo consesso il discorso celebrativo. Saluto con lui i Presidenti emeriti della Repubblica Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scàlfaro, componente dell’Assemblea costituente, e Carlo Azeglio Ciampi. Saluto il Presidente del Senato, Franco Marini; il Presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi; il Presidente della Corte costituzionale, Franco Bile. Il mio saluto va ai senatori a vita Giulio Andreotti ed Emilio Colombo, anch’essi componenti dell’Assemblea costituente; ai rappresentanti del corpo diplomatico; ai rappresentanti delle magistrature superiori; delle altre Istituzioni dello Stato; delle istituzioni regionali e del territorio; delle forze sociali ed economiche; alle altre autorità presenti e a tutti gli intervenuti. La presenza in quest’Aula dei rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e delle forze sociali esprime la ricchezza delle culture politiche, delle sensibilità e delle esperienze del Paese: un patrimonio di risorse civili che, nel ritrovarsi assieme in questa solenne circostanza, offre il segno dell’unità possibile nella condivisione delle sorti della Repubblica e della capacità di riconoscersi in un cammino comune, pur nella diversità di idee e di opinioni; un cammino che abbiamo imparato in questi sessanta anni essere impegnativo e arduo: quello della realizzazione dei grandi obiettivi programmatici della Costituzione. A questo scopo, ancora oggi, possono essere mobilitate le migliori energie del Paese. C’è una grande risorsa del Paese, una risorsa ancora in larga misura non utilizzata, ed è la ricchezza della sua società civile, delle sue articolazioni, dei suoi giacimenti di solidarietà e partecipazione, delle organizzazioni democratiche di base. Ma non si possono trascurare, d’altra parte, i rischi che si evidenziano nelle disuguaglianze, nelle manifestazioni di crisi della coesione sociale, nelle manifestazioni di violenza che segnano drammaticamente l’altra faccia della modernizzazione in corso. Perciò bisogna tornare allo spirito della nostra Costituzione. Le basi dell’unità del Paese e della sua Riforma sono custodite, infatti, nella Costituzione della Repubblica italiana e nella testimonianza di civiltà che vi hanno impresso i Costituenti, consegnandola alla responsabilità nostra e delle generazioni che ci seguiranno. La cerimonia odierna rappresenta dunque un’occasione per rinnovare il sentimento di profonda riconoscenza per un’eredità tanto preziosa ed esigente, realizzata nel passaggio più drammatico della storia del Paese attraverso il concorso delle forze politiche democratiche, differenti nelle opzioni di fondo, ma tutte accomunate nella medesima speranza: la costruzione di una nuova convivenza civile, fondata sul lavoro e sorretta dal primato della democrazia, della libertà e della giustizia, maturato nell’antifascismo e nella Lotta di liberazione, e vissuta dal popolo italiano. Oggi viviamo un momento di acuta crisi della politica, che ha determinato una preoccupante distanza che separa i cittadini dalla vita pubblica, dalla politica e dalle Istituzioni. Colmare questa distanza rappresenta il presupposto necessario per la risoluzione dei numerosi elementi di criticità con cui si confronta in questa fase la comunità nazionale, nell’epoca di un grandi cambiamenti densi di problemi molto ardui e assai dolorosi. La Costituzione non è solo la memoria, non è solo la radice della nostra storia. Quando la tragedia investe la nostra umanità con le terribili morti sul lavoro, viene subito alla mente l’articolo 1 della Costituzione: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Quando la precarietà corrode il futuro di un’intera generazione, quella del nostro domani, per cercarne la linea di uscita dobbiamo andare a quello straordinario articolo 3 della Costituzione che recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E quando, come nel nostro tempo, il mondo diventa instabile e la violenza della guerra e del terrorismo lo segnano ancora, la bussola della nostra Costituzione - la pace - è una guida per una nuova navigazione. In questo senso, questa solenne riunione costituisce anche l’occasione per rinnovare l’impegno delle Istituzioni democratiche ad operare per svolgere laicamente e pienamente l’ispirazione democratica che segna profondamente la Carta costituzionale, ritrovando al suo interno i dati di valore indispensabili per rispondere alle domande pressanti poste dai mutamenti del nostro tempo e la forza per interpretarli nel segno del rispetto della dignità della persona umana, del pieno riconoscimento dei diritti sociali e della lotta contro ogni tipo di esclusione. È in questo quadro che le parole del Presidente della Repubblica suscitano in tutti noi un’attesa particolare.

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